Il Reverse Mentoring: uno scambio generazionale
Apprendere e insegnare. Insegnare e apprendere. Lo scambio reciproco di esperienze e nozioni tra generazioni differenti è un processo di crescita personale e professionale estremamente interessante quanto importante.
Anni fa questo processo era univoco. Un junior veniva formato sul campo da un Senior, cioè un Mentor che gli trasmetteva il suo saper fare, la sua esperienza, il modus operandi.
Oggi il processo è biunivoco, i giovani, nativi digitali, portano le loro esperienze, motivazioni e possono dare un contributo di valore ai Senior, e possono fare da Mentor con il loro modus operandi e il loro modo di interpretare il rapporto work-life balance.
Il nome specifico è Reverse Mentoring: il processo mediante il quale i giovani, spesso, in possesso di meno esperienza, ma con una forte competenza digitale, aiutano nell’atto pratico le figure senior a familiarizzare con la tecnologia o con i processi legati al mondo digitale. L’ottica è sempre volta allo scambio, dove gli studi del giovane e il bagaglio di esperienza del senior si incontrano e si fondono per accrescere in entrambi la consapevolezza del mondo del lavoro in maniera funzionale.
Il termine mentoring deriva dalla figura di Mentore, amico di Ulisse e formatore di Telemaco al momento della partenza del padre per Troia. Negli anni ’90 alla parola mentoring è stata accostata quello di reverse, che tradotto significa “inverso” e che, appunto, si riferisce a quanto detto finora.
Il Reverse Mentoring, grazie ad un rapporto di fiducia e collaborazione, consente di restituire al Senior una serie di conoscenze utili nel campo del digital a volte omesse. D’altro canto, solitamente, chi ha maggiore esperienza dovrebbe essere in grado di presidiare un problema con più efficacia grazie a competenze e nozioni acquisite durante una lunga carriera professionale: oggi i senior devono accettare di studiare e sperimentare nuovi strumenti digitali, spesso fondamentali per affrontare le sfide delle organizzazioni.
Questo processo e la sua espansione, nell’effettivo, è avvenuto con il crescente sviluppo della tecnologia, in particolar modo a partire dai primi anni ’90 con l’apertura al World Wide Web, dove è emerso un digital divide tra figure junior e senior all’interno delle aziende, vale a dire un gap di conoscenze e comportamenti nell’utilizzo o nella comprensione delle nuove tecnologie.
Un programma di Reverse Mentoring può avvenire attraverso degli incontri formali tra junior e senior, con il reciproco impegno a formarsi su aspetti differenti del lavoro. Ad esempio i senior possono trasmettere principi validi per raggiungere i risultati di un progetto come la formulazione e la definizione di un obiettivo efficace. All’interno di un’organizzazione questa pratica può diventare uno strumento utile per migliorare diversi processi come:
- la gestione dei talenti al fine di farli crescere e, contestualmente, di apprendere da loro quanto hanno assimilato durante il periodo di studi o di pratica presso altre organizzazioni;
- l’employer branding collegato soprattutto a Linkedin;
- la promozione della diversità;
- il superamento del digital gap;
- lo sviluppo della leadership;
- la promozione della cultura del Longlife Learning e per questo si veda il nostro articolo più recente https://www.ambire.net/il-ruolo-strategico-del-lifelong-learning/
I benefici del Reverse Mentoring possono essere sorprendenti: basti pensare all’impatto motivazionale su figure senior che hanno la doppia opportunità di valorizzare la loro esperienza e acquisire nuove competenze digitali. Essere in prima linea nel trasferimento delle proprie competenze e nozioni alle nuove leve significa rimettersi in gioco, consolidare il proprio ruolo e la propria expertise ottenendo anche maggiore visibilità.
Altro aspetto da non sottovalutare è la maggiore fidelizzazione dei Millennials. I programmi di mentoring inverso forniscono ai Millennial la trasparenza e il riconoscimento che stanno cercando dal management. Secondo Gerry Tamburro, ex amministratore delegato di BNY Mellon’s Pershing, questa modalità di scambio intergenerazionale ha aiutato il comitato esecutivo non solo a essere più trasparente, ma anche a cercare input dalle persone all’interno di tutta l’organizzazione.
Dal punto di vista aziendale, questo scambio permette una maggiore integrazione e favorisce la diffusione “liquida” di conoscenza ed esperienza, attenuando il senso di competizione intergenerazionale.
Il motivo principale per cui i programmi di mentoring inverso falliscono è che i dirigenti non danno priorità alla relazione; dopo un paio di sessioni annullate lo slancio diminuisce rapidamente. Sono i formatori dei giovani che dovrebbero guidare il programma condividendo le best practices. La ricerca mostra che senza formazione, solo un terzo delle relazioni mentore-allievo ha successo, poiché essa aumenta a due terzi con la formazione.
In un’ottica strategica di Longlife Learning, la metodologia del Reverse Mentoring diventerà sempre più centrale perché rappresenta un efficace strumento interno per il reskilling individuale e di una determinata organizzazione.
Per noi di Ambire il concetto e l’applicazione del Reverse Mentoring è fondamentale poichè è un rapporto di fiducia e prossimità che supporta efficacemente l’orientamento e la crescita: i nostri giovani talenti contribuiscono non soltanto a portare valore all’interno dell’Organizzazione con la loro capacità di vedere le cose in maniera innovativa e senza schemi precostituiti e riescono, ove possibile, ad aumentare la consapevolezza sul mondo digital con le novità del momento, consentendo ad Ambire società benefit di essere sempre aggiornata per rimanere competitiva e smart.