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Eppure, c’è chi non li considera veri lavoratori

“Sulla base di una ricerca sul mercato italiano (curata da DeRev Lab, specializzata nel posizionamento digitale), emerge che il valore di questo mercato in Italia è pari a circa 280 milioni nel 2021, e che la crescita rispetto all’anno prima è del 15%. A livello mondiale sono 14 miliardi, contro i 9,7 del 2020” (FONTE: LA IL SOLE 24 ORE https://www.ilsole24ore.com/art/cresce-giro-d-affari-influencer-nicchia-280-milioni-italia-AE1ZNIx )

Nasce infatti ASSOINFLUENCER, associazione italiana influencer, nata con lo specifico intento di promuovere e tutelare la professione di nuova generazione da cui prende la denominazione. L’Associazione, priva di scopo di lucro, è stata formalmente inserita dal Ministero dello Sviluppo Economico nell’elenco delle associazioni professionali di cui alla L. n. 4/2013. Il sindacato degli influencer a protezione di una categoria che conta 450 mila professionisti, 350 influencer content creator, e 100.000 figure che vi orbitano intorno: manager, consulenti, social media manager ecc.

Secondo una ricerca di DeRev.com (l’azienda italiana fondata da Roberto Esposito che si occupa di strategia e identità digitale, fintech e crowdfunding, community engagement e comunicazione sui social media, sviluppando progetti e soluzioni innovative per brand, soggetti istituzionali e Pubblica Amministrazione, personaggi pubblici e politici) i social media possono essere considerati oltre che un canale di comunicazione rapido e con infinite potenzialità di espansione, anche un asset economico:

La nascita di un sindacato che tutela questo tipo di lavoratori anche a livello istituzionale, pone l’accento sulla questione social media anche a livello organizzativo e conferma una realtà, per molti scomoda: I social non sono più ignorabili. Sono un mondo a sé, parallelo a quello reale, che ha delle proprie regole, dei propri valori e da qualche anno anche una propria economia. Ignorare il mondo dei social, non considerarlo in quanto realtà organizzativa, non è una scelta, è una paura, una non volontà di cambiare, di scardinare una mentalità, di guardare oltre. È un grande cambiamento, ma è lo stesso tipo di cambiamento che ha portato il computer: imparare un nuovo modo di approcciare il lavoro, modificando in modo repentino e costante il proprio modus operandi. Entrare sui social non significa modificare in toto il proprio modo di approcciare alla comunicazione, significa ingrandire la propria visione ed aggiungere un tassello all’interno della concezione di networking, di comunicazione, di marketing. Non farlo significa ignorare una fetta di mercato, scegliere di voltarsi dall’altra parte.

Una volta captata questa esigenza, ci sono due enormi step da compiere. Il primo è chiedersi come possono i social aiutare la propria organizzazione a raggiungere determinati obiettivi, quindi come si può entrare con successo nel mondo dei social. Il secondo è farlo.

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